Le scienze umane a Bosco Marengo per incontrare Libera!

«Pensavo fosse scontato definirsi “anti mafia”» commenta Greta Soldera, alunna di 4C Scienze Umane «A noi giovani, la mafia e la criminalità organizzata sembrano realtà distanti, astratte, utopiche. Per questo, noi giovani dobbiamo essere smossi, strigliati, infastiditi.»

L’incontro di mercoledì 13 novembre, organizzato dal Presidio dell’Associazione antimafia Libera, ha avuto il potere di scuotere, smuovere, sensibilizzare su un argomento, quello della criminalità organizzata, che a scuola si affronta di rado. Tale appuntamento si inserisce infatti all’interno del progetto “E!stateLiberi! 2024/2025: sentieri di legalità”, patrocinato dalla Fondazione Social, dai Comuni di Bosco Marengo e di Novi Ligure e da Percival, l’associazione che gestisce Cascina Saetta di Bosco Marengo, il primo bene confiscato alla mafia e restituito all’uso sociale della Provincia di Alessandria.

Molte sono state le classi, provenienti da vari Istituti Superiori della Provincia, che hanno affollato la sala Gorbaciov del complesso monumentale di Santa Croce a Bosco Marengo: una platea attenta e partecipe che ha fin da subito posto domande ai relatori; dal Balbo hanno partecipato le classi Quarta C e 3 allieve di Quarta B e Quinta A del Liceo delle Scienze Umane.

Nonostante l’assenza di Don Ciotti per motivi di salute, i tre relatori, Gregorio Porcaro, Valentina Avvento e Andrea Zummo, sono riusciti a intrattenere ed emozionare il giovane pubblico: «Parlando con un linguaggio chiaro e diretto» commenta ancora Greta Soldera «hanno smosso l’essenza di ognuno di noi ragazzi presenti in sala, risvegliato quell’interiorità fragile che cerchiamo di celare nascondendoci dietro gli schermi degli smartphone.»

Dopo i saluti iniziale dell’Amministrazione comunale di Bosco Marengo, del sindaco di Novi Ligure e del viceprefetto di Alessandria, ha preso la parola Gregorio Porcaro, vicedirettore della Caritas diocesana di Palermo e braccio destro di don Pino Puglisi e, come lui, ben conosciuto nel quartiere Brancaccio per l’impegno contro la mafia e per il suo sorriso. «La mafia attecchisce dove lo Stato non c’è» ha commentato. «È stato così a Brancaccio ed è così in tutti gli altri posti in situazioni analoghe. La mafia promette aiuto, rappresenta una speranza, ma non fa niente per niente, anzi chiede il centuplo di quello che ha promesso, quindi schiavizza le persone. Libera e altre associazioni simili cercano di liberare le persone dalla schiavitù della mafia.»

«Si dice spesso che i ragazzi sono il futuro» ha proseguito Valentina Avvento. «In realtà sono il presente: è oggi che dobbiamo renderli attivi e protagonisti nella lotta contro la mafia, a partire dal loro quotidiano, da gesti semplicissimi come non saltare la fila, rispettare i propri compagni, rispettare la scuola e il bene comune.»

«È fondamentale spiegare ai giovani come agisce la mafia, quali sono i comportamenti mafiosi, in modo che essi possano riconoscerli e contrastarli» ha concluso Andrea Zummo, responsabile di Libera per la Provincia di Torino. «La mafia è presente ovunque e agisce in maniera subdola e capillare, con delle connessioni con il mondo dell’impresa, della politica e della finanza: anche nel Basso Piemonte e nella Provincia di Alessandria dal 2011 sono state più di venti le operazioni antimafia e sono centinaia i beni confiscati.»

L’incontro ha dunque lasciato ai più di duecento giovani presenti in sala molti spunti su cui riflettere.

«Parlando con i miei coetanei durante il viaggio di ritorno» commenta ancora Greta «ho realizzato quanto sia astratta la nostra idea di criminalità organizzata. Spesso sentiamo parlare di femminicidi, riusciamo ad immaginarli e ci spaventano. Altrettante volte affrontiamo temi come rapine, omicidi, risse violente. Ma la criminalità organizzata la percepiamo distante e utopica. La associamo istintivamente al celebre film “La mafia uccide solo d’estate”. Nell’ideale comune la mafia non ci riguarda né ci scalfisce, è qualcosa di tanto remoto quanto irrilevante. Tutti sappiamo che non è una bella cosa, ma nessuno si accorge di esserne circondato. Ciò che ho capito e percepito dopo aver partecipato al ritrovo è l’impercettibilità delle piccole grandi ingiustizie che ci circondano. Non serve dover pagare il pizzo per essere vittime della mafia. Non serve uccidere per essere un mafioso. Non serve aver vissuto in prima persona la criminalità per schierarsi contro ad essa ed impedire, ogni giorno, nel proprio piccolo, che avvengano cattiverie, sfregi, ingiustizie. Pensavo fosse scontato definirsi “anti mafia”; ad oggi sono consapevole dell’immensa importanza dell’affermarlo a gran voce, denunciarlo per le strade e dimostrarlo in ogni impercettibile istante della vita.»

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