Un giorno, sfogliando il mio eserciziario di greco, trovai alcuni versi dell’Iliade di Omero, e non riuscii a resistere alla tentazione di cimentarmi in una traduzione del genere! In non troppo tempo mi ritrovai con la mia traduzione in mano, eppure non ero soddisfatto. Essendo questi versi adattati al mio livello, a volte diventavano ripetitivi ed un po’ noiosi. Dunque mi chiesi perchè non provare a metterli per iscritto in forma diversa, sempre in versi, ma cercando di rendere la lettura più piacevole. Trovo l’attività di traduzione molto interessante e stimolante, anche se sono appena all’inizio di questo percorsoe sono molto contento del risultato ottenuto.
Luca Miceli, IVA Ginnasio
La dea Iris, al di Elena fianco posta, si pronunciò:
<<Oh amica mia, accorri,
osserva le degli Achei e Teucri mosse.
Obliata la guerra, siedono in un assordante silenzio
scrutando i duellanti. Menelao,
chiamano il primo, e Paride, il giovanotto>>.
Incuriosita, la prima di Sparta ed ora di Troia
giunse alle così dette Scee, seguita dalle ancelle.
Ad attenderla vi erano gli anziani,
compagni di Priamo, antichi guerrieri,
nuovi oratori. Alla vista della ninfa
sfuggì l’inevitabile verbo:<<Elena, amena
fosti e sempre sarai, come lampante lo è il conflitto.
Ma l’istanza ti preghiamo di accogliere:
Torna da Menelao, ed il petto nostro
tornerà ad espandersi>>.
<<Silenzio ora!>> Tuonò Priamo,
come solo Giove può fare.
<<Non tu ma gli dèi son causa di tutto ciò.
Perciò siedi e guarda oltre le mura>>.
Elena obbedì.
Il Divino, alla galea afferrato dal Biondo,
sentì il morbido collo mancare d’aria,
quella cinta traditrice, infin che l’Anadiomene,
amante e amata, la infranse. Irato l’Atride,
questo gettò il trofeo in pasto ai fedeli, e,
‘sì come un giavellotto,
si lanciò sul rivale. Afrodite, occulta, nella foschia
avvolse il protetto, sciogliendolo dal funesto.
Quando scosso e vile fu al talamo, la dea lo lasciò,
cercando Elena. La ninfa attendeva alla torre
e quando la dea vi fu giunta questa disse:
<<Colui, per la quale la patria abbandonasti,
ti attende. Va’ da lui e stringilo forte>>.
Dirsi non si può ch’ella fosse lieta, ma, alla diva,
in silenzio, obbedì. Ove le fu suggerito trovò l’amato,
ma nessun ci fu di dolce abbraccio, sol aspri verbi:
<<A Menelao stanno vittoria e gloria,
fuggi la guerra, poich’essa è luogo di impavidi,
e tu d’essi non fosti>>.
Il Bello, prostrato, replicò:<<Oh musa,
abbi di me compassione: come ora lo son dell’Atride,
un giorno a me saranno gloria, vittoria, vittoria e gloria>>.
E i due divennero uno.
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